L’ora di codice. Un passo nella giusta direzione.


Alcuni giorni fa il ministro Giannini ha presentato, insieme all’amministratore delegato di Code.org Hadi Partovi, l’iniziativa del MIUR “Programma il futuro”, giunta quest’anno alla sua seconda edizione.

L’iniziativa si inserisce in un quadro più ampio di esperienze, sempre più diffuse sul territorio, di introduzione alla programmazione per i più giovani.

Un evento importante, perché se è vero che esperimenti simili erano già stati tentati in passato è altrettanto vero che l’atteggiamento nei confronti di queste iniziative oggi sembra essere cambiato, e si avverte un entusiasmo forse in parte di facciata ma che tuttavia veicola un segnale chiaro dell’avvicinamento in corso tra l’universo delle tecnologie digitali e l’ambiente educativo-scolastico italiano, non sempre pronto ad accogliere certe novità.

Il pacchetto di ore che ogni scuola può scegliere di attivare varia da 1 a 10 nell’arco dell’interno anno. Un tempo più che altro simbolico, sicuramente insufficiente perché si possa sostenere un qualunque tipo di intento progettuale o portare a sviluppare una competenza anche solo basilare. Eppure siamo di fronte ad una significativa testimonianza, che sottrae le istituzioni pedagogiche alla tentazione della neutralità rispetto alla tecnologia digitale, che non è fatta solo di computer, smartphone e tablet, ma che sta per accogliere nuovi ospiti, dai visori per la realtà virtuale ai dispositivi indossabili e a tutto quello che in rapida successione seguirà.

Come dicevamo nelle settimane precedenti questi strumenti fanno ormai parte dell’ambiente in cui i bambini nascono e, soprattutto, crescono, ma questo non significa che essi sviluppino in maniera automatica le competenze adatte a un loro utilizzo consapevole e pro-sociale.

La comprensione del perché usare uno strumento viene enormemente potenziata dalla comprensione di come esso funzioni, dunque ben vengano le iniziative che permettono di approfondire ciò che accade “dietro le quinte” delle piattaforme che utilizziamo tutti i giorni.

C’è un altro motivo per cui è utile sostenere iniziative di questo genere.
Un motivo se vogliamo più difensivo, che riguarda l’utilizzo che le grandi compagnie fanno dei nostri dati, moneta fondamentale ai tempi della rete. Quando utilizziamo un motore di ricerca come Google, o un social network come Facebook stiamo infatti utilizzando strumenti solo apparentemente gratuiti, in realtà pagati a caro prezzo con la cessione dei nostri dati personali.

Non solo nome, cognome e data di nascita, naturalmente, ma gusti, interessi, preferenze politiche, le parole che cerchiamo e le informazioni che condividiamo raccontano quasi tutto di noi, e sono la merce preziosa con cui paghiamo l’utilizzo di questi servizi.

La nostra risposta a questo stato delle cose non può però essere quella della chiusura aprioristica, giacché siamo di fronte a un mondo che, preso nel suo insieme, è ricco di opportunità di conoscenza, crescita e relazione. L’arma migliore che possiamo opporre è quella della competenza, che ci permette di capire di volta in volta cosa una piattaforma ci stia veramente chiedendo e cosa realmente significhi condividere quella particolare informazione.

Per questo l’ora di codice rappresenta un fatto simbolicamente molto importante, ed è auspicabile che il progetto si dilati nei prossimi anni, non solo aumentando le ore di programmazione ma affiancandole ad altre ore di educazione all’utilizzo consapevole della rete e degli strumenti che offre.

Se è vero che il compito della scuola è dotare i ragazzi di strumenti per l’analisi critica della realtà, allora internet e i suoi frutti non possono che diventare uno dei punti nodali della sua azione pedagogica.


2 risposte a “L’ora di codice. Un passo nella giusta direzione.”

  1. Concordo con quanto è affermato nell’articolo; la tecnologia non è solamente uno strumento che, se male utilizzato, può avere conseguenze negative, ma è anche e soprattutto utile.
    Certo, è necessario imparare ad utilizzarla bene

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