Digital readers è il nome dell’iniziativa, organizzata dalla Biblioteca dei ragazzi di Rozzano e giunta nel 2022 alla XII edizione, che si occupa di promuovere il dibattito sulla relazione tra nuove generazioni, lettura e tecnologie digitali.
L’appuntamento di quest’anno, che si è tenuto giovedì 20 ottobre, è stato strutturato in due momenti complementari: la mattina ha visto una quarantina di persone impegnate in tre tavoli di lavoro dedicati alla riflessione intorno al tema del gioco in biblioteca, il pomeriggio ha invece ospitato il consueto e ricco appuntamento seminariale.
Per conto del Sistema bibliotecario CUBI mi sono occupato, insieme a Giuseppe Bartorilla, bibliotecario e organizzatore di Digital readers, di progettare e guidare il lavoro dei tavoli. L’esperienza si è rivelata particolarmente ricca di spunti, cercherò di documentarla in questo post.
La struttura dei tavoli di lavoro
Il lavoro dei tavoli è stato organizzato utilizzando una metodologia leggera, scelta per garantire alle persone spazi di riflessione e parola in una mattina dai tempi serrati e dalla grande partecipazione.
La struttura ha previsto tre tavoli paralleli, che avevano l’obiettivo di far emergere dalla discussione di gruppo spunti concreti e applicabili in biblioteca per la promozione del gioco, la costruzione di comunità giocanti e il coinvolgimento delle diverse realtà territoriali. Ogni tavolo, introdotto dal racconto di un’esperienza concreta presentata da una persona esperta in materia, ha affrontato un particolare aspetto della questione centrale, il gioco:
- Poesia e gioco con le parole (esperta Caterina Ramonda, formatrice, narratrice e traduttrice)
- Gli spazi per il gioco e le comunità giocanti in biblioteca (esperte Marta Turrini e Emilia Covello, bibliotecarie a Segrate e Bendetta Frezzotti, illustratrice, autrice e docente di nuove tecnologie)
- Giocati la biblioteca: servizi e rapporti tra biblioteche, scuole e territori (esperte Manuela Gerosa, coordinatrice “Giocati la biblioteca” e Paola Buonacasa, docente di scrittura creativa)
Ogni gruppo aveva a disposizione un grande poster di carta da pacco, pennarelli, scotch di carta, fogli A4 e post-it. Al centro del cartellone è stato posizionato l’argomento oggetto di discussione, negli angoli quattro concetti stimolo utili a declinarlo in maniera operativa e uguali per tutti i tavoli:
- Azioni (possibili, già sperimentate)
- Prospettive (in costruzione e desiderate)
- Criticità (incontrate o prefigurate)
- Idee in libertà
Dopo un primo momento dedicato al racconto di un’esperienza concreta da parte delle esperte i gruppi avevano il compito di confrontarsi e ragionare sull’argomento scelto, facendosi guidare dalle quattro questioni-stimolo e immaginando possibili risposte da appuntare sui post-it da appendere nei quadranti del cartellone. Ogni gruppo ha poi individuato una persona che ha fatto da portavoce e ha esposto gli esiti del lavoro alla plenaria nella fase conclusiva della mattinata.
I cartelloni completi sono stati anche fotografati e proiettati nel corso del pomeriggio, in un piccolo inserto dedicato alla condivisione dei risultati delle attività svolte in mattinata.
Per chi volesse approfondire
La tecnica utilizzata è una versione molto alleggerita di Guizzo, uno strumento per il brainstorming sviluppato da Graziano Maino e Marco Cau di cui potete trovare una spiegazione dettagliata in questo articolo pubblicato su Secondo welfare.
Esiti dei lavori di gruppo
Ogni gruppo ha visto la partecipazione di 10-15 persone, tra loro bibliotecari e bibliotecarie, formatori e formatrici, studenti e studentesse di scuola superiore, che hanno animato una discussione ricca e appassionata. I poster esito del confronto sono una miniera di spunti per la riflessione di chi si occupa di gioco nelle biblioteche (e di chi, in biblioteca, vorrebbe giocare).
Tavolo 1 – Poesia e gioco con le parole

Tavolo 2 – Gli spazi per il gioco e le comunità giocanti in biblioteca

Tavolo 3 – Giocati la biblioteca: servizi e rapporti tra biblioteche, scuole e territori

Alcuni spunti emersi
All’interno della ricchezza nata dal confronto fra le persone presenti, che meriterebbe un approfondimento per ogni idea appuntata nei post-it, sottolineo alcune questioni particolari.
Formazione e nuove competenze
Se il ruolo della biblioteca si allarga, diventa più inclusivo e rompe i confini del solo ambito librario, diventa importante che si allarghino anche le competenze di chi in biblioteca lavora. Più voci hanno avanzato la richiesta di poter fruire di un palinsesto di appuntamenti formativi costantemente rinnovato, che aiuti bibliotecari e bibliotecarie ad affrontare le sfide comunicative, progettuali, animative e di coinvolgimento che si trovano ad affrontare.
Come le biblioteche collaborano
Altro aspetto individuato è quello che riguarda le collaborazioni. Dai tavoli di lavoro emerge la voglia di costruire rapporti nuovi con scuole, associazioni e comunità, rapporti in cui la collaborazione diventi elemento caratterizzante e centrale della progettazione di nuove proposte e servizi, in un percorso che accompagni le biblioteche dall’essere luoghi per le persone a luoghi delle persone.
Come si comunicano le biblioteche
Aspetto legato a collaborazione e coinvolgimento è la comunicazione. Più partecipanti hanno riportato la necessità che le biblioteche rinnovino (ricostruiscano da zero?) il modo in cui si presentano e parlano di loro, scelgano parole e canali nuovi per comunicarsi alle persone, soprattutto a chi la biblioteca non la frequenta. La sensazione diffusa è di una comunicazione ancora troppo rivolta a chi la biblioteca già la conosce e la visita.
Il nome delle biblioteche: un problema di branding
Chiudo questo resoconto dell’esperienza Digital readers 2022 con una provocazione avanzata anche dai tavoli di lavoro e che trovo si presti in maniera particolare a rilanciare la discussione sul futuro delle biblioteche: il nome. La mattina di lavoro ha raccontato luoghi molto diversi da quelli che siamo tradizionalmente portati ad associare al concetto di biblioteca; luoghi in cui il silenzio è bandito, spazi continuamente riconfigurabili, aperti al gioco, al divertimento, a una convivialità ludica che gode di una dignità propria e mai subordinata alla lettura. Il gioco smette, in questi luoghi, di essere un “buttadentro” per un pubblico da attirare in biblioteca con il pretesto di un torneo per poi cercare di “vendergli” la lettura ma diventa un aspetto della vita comune che entra a pieno titolo e in completa autonomia tra le cose che si possono fare in biblioteca.
Se scegliamo di costruire luoghi così aperti, come possiamo pensare che le persone sappiano che questo grado di apertura e polifunzionalità si possa trovare in una (biblio)teca?