Ho già avuto modo di raccontare in passato cosa pensi dei cosiddetti nativi digitali, non vi annoierò facendolo di nuovo; segnalo, per chi fosse interessato, questo post uscito ormai cinque anni fa.
Torno a parlarne perché sono stati recentemente pubblicati gli esiti del monitoraggio sulle competenze digitali che l’istituto statistico dell’Unione Europea svolge ormai da diversi anni. I risultati, che trovate sintetizzati nel grafico qui sotto, fanno riferimento all’anno scorso e mostrano, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, che il tema delle competenze digitali non è una questione che riguardi particolari unicità antropologiche o la presenza di misteriose capacità innate ma che sia più semplicemente il frutto dell’ambiente in cui i ragazzi vivono, studiano e diventano grandi.

L’Italia non se la cava particolarmente bene, con una percentuale di ragazzi fra i 16 e i 24 anni con competenze digitali almeno di livello base pari al 65%, quindici punti sotto la media europea (se il dato non fosse già sufficientemente preoccupante segnalo anche che si tratta di un valore in calo di cinque punti rispetto al 2015).
Sarebbe importante che in mezzo alle doverose discussioni riguardanti le condizioni igienico-sanitarie necessarie alla ripartenza di settembre la scuola trovasse il tempo di parlare anche di questo. Ne va del futuro di questi ragazzi a scuola, nel mondo del lavoro e, cosa più importante, nel loro ruolo di cittadini.
Un futuro, il loro, che è in definitiva anche il nostro.