Non ti capisco, dunque mi affascini


In libreria.
A pochi passi da me una signora vaga tra gli scaffali dedicati alla psicologia, sembra un tantino persa, dopo qualche indugio si avvicina alla libraia per chiedere consiglio.
Lei, che mi conosce, dice alla signora “chieda a lui, che è l’esperto del settore” (sembra sia sufficiente aver preso una laurea per essere considerati tali), la signora si avvicina e mi gira la richiesta fatta poco prima. “Senta, le chiedo se ha letto qualcosa di questo autore, se conosce la scuola di riferimento e che cosa ne pensa. Le sarei grata se mi consigliasse qualcosa di semplice, giusto per capire meglio”

“Guardi, non sono esperto dell’autore né della sua scuola di riferimento, ma quello che ho letto mi fa pensare che scrivano volutamente in maniera incomprensibile, e la cosa me li rende molto poco interessanti”.

La signora cambia espressione, come se si fosse liberata di un peso, si mette a ridere e mi risponde: “Meno male! Sono mesi che leggo i suoi libri e non capisco nulla! Avevo l’impressione che scrivesse così difficile per creare una setta, ma vende così tanto che stavo cominciando a convincermi che la stupida fossi io!”

Il punto è che quando non capiamo coloro che scrivono per autocompiacersi, pensiamo sia colpa nostra, così ci accaniamo e compriamo altri libri degli stessi autori. Un effetto paradossale.

Scopro che la signora è titolare di un paio di lauree, una in sociologia, una in psicologia, ha due figli universitari, filosofia e ingegneria, e una grande curiosità che la spinge a cercare sempre nuove cose da studiare.

Non sono certo che Einstein abbia mai veramente pronunciato una delle frasi che gli si attribuiscono, “Non hai veramente capito qualcosa finché non sei in grado di spiegarlo a tua nonna”, ma considerato come scriveva sono certo che condividesse il pensiero.
Richard Feynman, un suo collega nato una quarantina d’anni più tardi, premio Nobel per la fisica, scienziato straordinario, suonatore di bongo di buon livello, ballerino appassionato e persona normale che parlava come le persone normali, nel libro Che t’importa di cosa dice la gente?, scritto insieme all’amico Ralph Leitghton pochi mesi prima di morire, racconta l’esperienza vissuta come componente della commissione chiamata a indagare sulle cause che portarono lo shuttle Challenger a esplodere poco dopo la partenza, uccidendo i sette membri dell’equipaggio.

Il fisico americano usa parole semplici per rendere comprensibili a tutti questioni complesse, la sua intera opera divulgativa è la prova del fatto che non esiste alcun argomento che non possa essere reso chiaro, anche a chi non ha una formazione specifica in materia, almeno nelle sue linee generali.

A coloro che fanno i difficili per sembrare più intelligenti, manca una visione sociale della scienza e mancano pure gli argomenti, così scelgono di rifugiarsi nel linguaggio più arcano, una finzione che li fa sentire membri privilegiati di una ristretta cerchia di menti illuminate. Come dice la signora da cui siamo partiti, cercano di creare una setta.

Quali che siano i motivi che spingono tanti psicologi, ma non solo loro, a celebrare la messa in latino, alla fine resta il fatto più importante, quello di avere provato piacere a fare sentire stupida una persona che, al di là delle due lauree, non mi aveva dato nessuna impressione di esserlo, anzi mi era parsa molto più acuta e simpatica, dunque normale, di molti aspiranti adepti di quelle sette iniziatiche che, in definitiva, inclinano verso il patetico.

Il filosofo rumeno Emil Cioran sosteneva che “Non si abita un paese, si abita una lingua”.  Se chi fa psicologia se ne dimentica, le parole che dovrebbero cambiare le menti e i cuori finiscono per diventare muri. Per qualche copia in più, forse è troppo.

Immagine di Raychan via Unsplash


9 risposte a “Non ti capisco, dunque mi affascini”

  1. Le scuole e le università sono piene di sedie vuote lasciate da chi non si è sentito all’ altezza di linguaggi volutamente incomprensibili.

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  2. Auguri per un anno nuovo sereno e colmo di cose belle e semplici,..da capire e da spiegare ai piccoli come agli anziani,che riescano a cogliere la bellezza di vivere ogni eta’ della propria vita! Con un forte abbraccio, a presto,Mariella

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  3. In una vita lavorativa precedente, una volta su una scrivania ho letto un post it appeso: “Se non puoi convincerli, confondili”.
    Che si tratti di fornire un servizio tecnico, medico o spirituale, farsi capire tramite un linguaggio accessibile è fondamentale; credo che più l’argomento è difficile e maggiore deve essere la bravura di chi vuole davvero farsi capire. Il resto è latinorum di cui è pieno il mondo, che confonde e fa sentire gli altri incapaci.
    Grazie per questo anno di riflessioni puntuali sul nostro tempo.
    Buon anno!

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  4. A proposito dello “abitare una lingua”, raccomando di ascoltare la puntata di ieri de “Le Meraviglie”, su Trieste ed i suoi letterati

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