Nel post precedente Luciano si era soffermato sulla descrizione delle categorie “Nativi digitali” ed “Immigrati digitali”, mutuandole da un ormai celebre articolo di Mark Prensky risalente ad una quindicina di anni fa. Due espressioni che cercano di inquadrare il posizionamento delle generazioni nuove e vecchie rispetto al fenomeno digitale. Tuttavia ciò che più mi aveva colpito era il concetto di discontinuità, poiché il vero nodo che ci troviamo ad affrontare rispetto alle nuove tecnologie si nasconde proprio in questa parola.
Si tratta di capire, infatti, se ciò che avviene nel rapporto delle giovani generazioni con l’universo digitale sia da mettere in continuità con quanto sperimentato sino a una ventina di anni fa, quando da una generazione all’altra si verificavano cambiamenti che rientravano in un logico spostamento in avanti, descrivendo un movimento graduale e in visibile continuità col passato recente. Mark Prensky, e non è il solo, ritiene che nell’era digitale tale legame si sia spezzato. Come tutte le affermazioni che partono da un ragionamento e non da verifica sperimentale, anche quelle dello scrittore americano possono essere più o meno condivise, quindi, piuttosto che entrare nel merito delle stesse, cerco di aggiungere un tassello, lasciando a ciascuno la possibilità di decidere la propria collocazione rispetto al pensiero dello studioso d’oltreoceano.
Lo stile di vita si forma molto precocemente e poi tende alla continuità. Questo significa che i bambini, oramai molto esposti agli oggetti informatici, modellano la loro personalità con il contributo dei medesimi e questa influenza entrerà nel loro DNA psicologico. Ma l’elemento che mi spinge a riflettere con attenzione sulle affermazioni di Prensky riguarda gli ingredienti costituitivi dello stile di vita, che sono più o meno riconducibile a tre. La costituzione ereditaria, la visione soggettiva e l’ambiente. In genere quest’ultima componente recita la parte del leone, così mi è parso di verificare nel corso del mio lavoro. L’ambiente, considerato come lo abbiamo considerato finora, era però costituito in larga parte da oggetti ed esseri materiali, si poteva “toccare” coi sensi, quasi sempre, quindi esso era in qualche modo circoscrivibile. Oggi il digitale modifica radicalmente questo impianto rendendo pressoché infinito l’ambiente, ossia l’ingrediente maggiormente indiziato di influenzare lo stile di vita dell’individuo. Se fino a ieri l’architetto che edificava lo stile di vita poteva pescare dalla scatola “ambiente” un numero circoscritto di oggetti ed esseri viventi, quindi di pezzi da montaggio, adesso non è soggetto ad alcun limite. Questo influenza di fatto anche un altro degli ingredienti costitutivi, ossia la visione soggettiva, poiché il moltiplicarsi delle possibilità ambientali permette alle impressioni di muoversi come sassi che rotolano sul fondale di un fiume in piena, subendo un continuo effetto levigazione nell’urto con milioni e milioni di altri sassi.
Quale effetto avrà questo enorme ampliamento delle possibilità non possiamo dirlo con certezza, di sicuro ne dovremo tenere conto.
2 risposte a “Quanto è grande l’ambiente”
Penso sia impossibile non prendere in considerazione l’evoluzione del digitale nella nostra vita e soprattutto nella vita presente e futura dei bambini.Pero’ penso anche che la formazione dello stile di vita debba passare attraverso l’ambiente, la quotidianita’, gli esempi dei gesti che quest’ultimo ci offre. Lo stare insieme, condividere il piacere di una sana chiacchierata, di una passeggiata, di un abbraccio, e anche di una discussione, di una divergenza di opinione. Senza per questo escludere l’innovazione tecnologica che ormai fa parte del nostro vivere ordinario.
Raggiungere un amico o un familiare che sta dall’altra parte del mondo in tempo reale e’ qualcosa di fantastico.
Negli anni settanta il mio papa’ lavorava con la Libia, ed ogni volta che doveva comunicare con qualche addetto a Tripoli, lui componeva il numero, e a noi figlie rimaneva l’arduo compito di rimanere in attesa che dall’altra parte del filo arrivassero segnali di vita. Passavano anche due o tre ore prima di riuscire a prendere la linea, ed altrettante prima che qualcuno rispondesse. Quanto tempo risparmiato se fosse esistito l’utilizzo della mail, per esempio.
Forse la giusta proporzione tra l’uso e l’abuso ci permetterebbe di tentare di raggiungere l’ equilibrio per una sana relazione affettiva e sociale.
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